Mi pare interessante osservare come le antiche filosofie orientali (greca compresa) abbiano raggiunto insuperabili profondità nel campo della ricerca della felicità. L'inclinazione al pensiero olistico - eudemonico è più greca - asiatica che occidentale. Qui, in oriente, prevale la meditazione, la pace, l'illuminata consapevolezza che la felicità risiede nella percezione del presente, istante per istante, in assenza di dolore, liberi da ogni vincolo, in unità mentale col tutto.
L'occidente razionalistico, edonistico, proteso al piacere dinamico, è contesto eccitante, energetico, passionale, ma per questo anche usurante, stressante, diabolico in senso etimologico. Ecco allora che molti, in occidente, alla ricerca di un equilibrio e di una pace profondi, si stanno sempre di più volgendo verso oriente, iniziano a capire il concetto di piacere catastematico. Tutto cambia, tutto finisce. Il dolore è intrinseco ai mutamenti di stato, specie se questi riguardano aspetti fortemente affettivi. Restare aggrappati alle cose materiali nel fiume che scorre è distruttivo. Gli opposti dominano l'esistenza, danzano sempre a braccetto, convivono in ogni cosa e si manifestano in cicliche alternanze. Il passato è doloroso, il futuro ansiogeno. L'amore, pur magnifico valore, è intenso, variabile, caduco, fonte di sofferenze. Deve quindi cedere il passo alla pace vitale, alla tranquillità assoluta, alla contemplazione del presente, all'unione con il grembo materno del tutto.
Forse è vero, per attingere alle fonti piu' profonde e pure dell'eudemonia, la nostra mente deve prepararsi ad un lungo e affascinante viaggio. Deve salpare verso oriente e veleggiare verso un orizzonte, e una stella, di nome Nirvana.
La felicità deriva dalla pace
Dario | 03.10.2015